IL FUTURO DEI COMPOSITI

«Le potenzialità dei compositi sono ancora inesplorate»

Intervista a Silvio Fulgenzi, Business Development Manager di Solvay Composite Materials per l’automotive in Italia

di NICOLA CATENARO

PortaleCompositi e CompositesPortal proseguono la serie di interviste e approfondimenti sul futuro dei materiali compositi. Abbiamo raccolto, a tale proposito, il parere di Silvio Fulgenzi, Business Development Manager per l’automotive in Italia di Solvay Composite Materials. Ecco cosa gli abbiamo chiesto e cosa ci ha risposto.

Ingegner Fulgenzi, i compositi rappresentano ancora un settore innovativo per il mercato dell’automotive?
«Se consideriamo i compositi ad alte prestazioni, come la fibra di carbonio continua in matrice epossidica, questi si applicano ormai da decenni in ambito automotive, ma essenzialmente nel racing e nelle supercar. È sempre stata una scelta ‘naturale’, dati i vantaggi in termini di bassi investimenti in attrezzature, tempi di sviluppo rapidi, estrema facilità nel gestire forme complesse e ovviamente per l’elevato rapporto prestazioni/peso. L’innovazione reale sta nell’estenderlo da queste applicazioni di nicchia alla produzione su vetture di ‘serie’ - parliamo comunque di decine di migliaia di unità/anno- ma questo richiede uno sforzo congiunto e una maturazione in termini di capacità di simulazione e design for composite, disponibilità di una supply chain affidabile e una ovvia riduzione del TCO (Total cost of ownership, ndr), inteso come costo finale, che include non solo le materie prime, ma anche gli investimenti, la trasformazione. Solo così si può avere una corretta comparazione con le soluzioni esistenti e consolidate come i metalli. È comunque richiesta una certa ‘audacia’ da parte degli OEM; ovviamente i pionieri pagano sempre lo scotto, ma spesso l’investimento ripaga nel lungo termine, come per BMW nei compositi o Audi nell’alluminio».

Secondo lei l’utilizzo dei compositi continuerà a crescere?
«Direi proprio di sì. Il trend degli ultimi anni lo testimonia, con punti di pareggio col metallo che si sono ormai spostati da volumi di centinaia di unità alle migliaia. L’aerospace ha contribuito ad aumentare la confidenza, con un utilizzo sempre più esteso sulle strutture dei velivoli civili di ultima generazione. L’automotive è però un’industria con tempi di sviluppo e vita media del prodotto decisamente più ridotti».

In quale modo potrebbe evolvere la crescita?
«Un approccio più graduale da parte di vari OEM è quello di passare per l’introduzione di composite su component di carrozzeria di serie speciali. L’Alfa Romeo Giulia QV ne è un esempio, con cofano, albero di trasmissione e varie appendici aerodinamiche. La ragione sta nel poter verificare ‘l’ecosistema’ su parti meno critiche dal punto di vista di volumi, con meno problematiche di verniciatura in linea, di crash test e al tempo stesso con più alto contenuto per l’utente finale. Una volta verificato su queste tipologie di vetture, si può pensare di estenderlo a volumi più elevati e componenti strutturali, dove il beneficio in termini di peso/prestazioni è maggiore. Un’altra categoria molto promettente è rappresentata dai cosiddetti componenti funzionali, come elementi di sospensioni, ruote, sedili, strutture plance, trasmissioni, dove soprattutto i compositi termoplastici possono rappresentare soluzioni efficienti. Per le applicazioni in ambito automotive, Solvay ha una gamma unica di soluzioni sui thermoset e sui termoplastici, che sfruttano anche le sinergie tra le varie business units, e lavora da anni sull’industrializzazione di materiali e tecnologie. Come ad esempio il Diaprhagm forming (DDF), processo completamente automatizzato di ‘fast forming and curing’ che consente in one-step e in meno di tre minuti di generare componenti di forma complessa a partire da blank piani di prepreg termoindurenti, in pressa e con stampo metallico, in maniera molto simile allo stampaggio lamiera. Nell’ambito dei termoplastici, crediamo molto nella combinazione di pelli esterne in fibra continua, retro-iniettate con compound in fibra corta e con matrici in PPA. Questo ampia molto le morfologie strutturali che possono essere generate e convertite dai metalli, come le fusioni».

Quali materiali, secondo lei, potrebbero un giorno sostituire i compositi in termini di leggerezza e resistenza?
«Domanda molto interessante. Le potenzialità dei materiali compositi sono ancora in gran parte inesplorate. Personalmente non credo ci saranno nuovi materiali specifici, penso piuttosto che l’innovazione e i miglioramenti si otterranno comunque con un approccio ‘composito’, con resine e fibre di nuova generazione, magari anche con biomateriali, chissà».

La crescita del mercato delle auto elettriche in che modo sta cambiando la visione e l’approccio del settore automotive verso il futuro?
«L’elettrificazione e la guida autonoma stanno forzando l’intero mercato automotive a rivedere i propri paradigmi e intraprendere nuove strade rispetto alle soluzioni consolidate e non più sufficienti a soddisfare le nuove richieste. Nuovi player come Tesla hanno chiaramente dimostrato come il cambio di mentalità può ispirare e guidare questa rivoluzione. Credo sia davvero un momento unico per spingere ancor di più sull’innovazione e cercare nuovi spazi per i compositi».

Qual è, nel suo lavoro, la più importante sfida se pensa al futuro?
«Ritengo che ‘l’educazione culturale’ sui compositi sia una delle maggiori sfide per il Business Development. Per superare la diffidenza, occorre dare una visione globale dei benefici che i compositi possono portare, non solo in termini di lightweighting, ma anche di resistenza a fatica, integrazione componenti, TCO, resistenza ambientale, libertà di design fino alla multifunzionalità. I compositi, essendo costituiti da due diverse fasi, hanno più gradi di libertà di altri materiali, potendo ‘giocare’ su resine e fibre, moltiplicando le potenzialità e i campi di applicazione. Ma gestire questa maggiore complessità richiede uno sforzo congiunto di tutti gli attori, dagli OEM, ai Tier1, all’engineering. Ed è per questo che in Solvay abbiamo un approccio globale di supporto al cliente, non solo sulla fornitura materiali, ma anche sul design - parlo di simulazione strutturale e di processo, material cards lineari e non lineari - e il manufacturing. Abbiamo due centri di eccellenza, a Heanor in UK per i Termoindurenti e a Bruxelles per i Termoplastici, per lo sviluppo di materiali e processi e la realizzazione di prototipi che possano aiutare il cliente a valutare le soluzioni prima dell’applicazione finale».

Silvio Fulgenzi si è laureato nel 1998 in Ingegneria meccanica all'Aquila. Ha iniziato la sua carriera in ATR srl (Tier1 per le parti in composito), gestendo per sette anni una serie di progetti automobilistici come la Ferrari Enzo, Audi R8 Le Mans e Lamborghini Murcielago. Poi si è trasferito in una società di motor-yacht come Direttore Tecnico. Stessa posizione l'ha ricoperta anche in Sparco per quattro anni prima di iniziare a lavorare, a partire dal 2011, per Cytec (Gruppo Solvay) come R&D Application Engineer poi come Business Development Manager per l'Italia.

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