di Sara MATTIELLO, Lucilla VERDECCHIA, Carlo SANTULLI, Cristiano FRAGASSA
Può una plastica nascere da due scarti biologici come il latte andato a male e la limatura degli zoccoli dei cavalli? La risposta arriva da un progetto di ricerca tutto italiano che fonde sostenibilità, ingegno e scienza dei materiali.
Alla base c’è la riscoperta della galalite, una “plastica del passato” nata dalla caseina del latte e usata tra Ottocento e Novecento per produrre bottoni, pettini, occhiali, persino tasti di pianoforte.
Oggi questa antica bioplastica, ormai in disuso, viene reinventata in chiave moderna, eliminando la formaldeide (una sostanza tossica un tempo usata per indurirla) e sostituendola con rinforzi naturali.
Il nuovo materiale nasce dalla coagulazione della caseina tramite aceto, entrambi ricavati da prodotti alimentari scaduti. Nell’aceto infatti è presente l’acido acetico che esercita una azione plastificante della caseina. A questa matrice si aggiunge polvere di cheratina, recuperata da un altro scarto: lo zoccolo equino, limato regolarmente durante la ferratura. Ne deriva una bioplastica composita dal colore avorio e dalla consistenza cornea, più dura (Shore D ~40), meno porosa e più resistente all’urto (2.3 KJ/m2) rispetto alla galalite originale.
Questo bio-composito è pensato per realizzare piccoli oggetti da scuderia – come nettapiedi e pettini – dove si intende arrivare a dimostrare le sue buone proprietà meccaniche e durabilità.
Il progetto, denominato “Milk Hoof” e tuttora in corso presso l’Università di Camerino, si inserisce perfettamente nei principi dell’economia circolare: riduce gli sprechi, valorizza materiali inutilizzati e permette la produzione locale, a “km zero”, di utensili utili e personalizzabili. Una plastica che nasce dallo scarto e rinasce come risorsa: un esempio concreto di innovazione sostenibile.
* Università di Camerino
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24 giugno 2025