MONDO ACCADEMICO

Rivelatori per le alte energie e fibra di carbonio

Un articolo di Francesco Noto, ingegnere e docente universitario presso UNICT e tecnologo presso INFN - LNS

di FRANCESCO NOTO*

Il campo della fisica delle particelle elementari richiede l'impiego di tecnologie all’avanguardia. La costruzione di acceleratori di particelle e quella degli apparati che ne sfruttano le zone sperimentali può essere confrontata, come contenuto tecnologico, a quello delle imprese spaziali.

Questi apparati sono organizzati in diverse unità funzionali (rivelatori) contenute una nell'altra. Ogni rivelatore è progettato per uno scopo preciso e per non inficiare le prestazioni di quelli che lo circondano. In generale tutti i rivelatori sfruttano, in diversi modi, l'interazione di particelle (cariche o neutre) con la materia. Procedendo dall'interno, verso l'esterno dell'intero apparato, possiamo individuare tre principali categorie di rivelatori di particelle: tracciatori, calorimetri e sistemi di rivelazione dei muoni.

L'ingegnerizzazione dei tracciatori, ad esempio, è complicata principalmente dalla richiesta di una elevata stabilità dimensionale in condizioni operative. Tale richiesta è essenziale per lo sfruttamento stesso del rivelatore poiché un buon tracciatore fornirà informazioni geometriche tanto più affidabili ed accurate quanto più accurata è la conoscenza della sua stessa geometria interna. In questo contesto sta crescendo l'impiego di materiali compositi grazie alle proprietà meccaniche che i laminati esibiscono e alla possibilità di dimensionare queste proprietà in funzione dei carichi o delle specifiche condizioni di lavoro.

Le tolleranze geometriche e la stabilità meccanica richiesta limitano la scelta dei materiali da impiegare nelle strutture di supporto dei tracciatori. Il fattore più limitante rimane sicuramente la richiesta di materiali leggeri e rigidi allo stesso tempo. Da un punto di vista operativo vanno poi aggiunte le difficoltà legate alla forma del supporto che si progetta (che deve garantire l'accesso ai sensori e la loro manutenzione), alla reperibilità del materiale scelto, al tipo di processo al quale lo si sottopone, alla sicurezza delle persone che lo devono maneggiare ed infine al costo complessivo che queste operazioni comportano.

I parametri di classificazione utili da considerare sono principalmente la rigidezza specifica (E/ρ, dove ρ è la densità del materiale), per valutare la stabilità meccanica del materiale, ed il prodotto del modulo di Young per la lunghezza di radiazione (E⋅X0, dove X0 è la lunghezza di radiazione), per valutarne la rigidezza e la trasparenza alle radiazioni, quest’ultimo di fondamentale importanza per i rivelatori di particelle.

Dai valori di rigidezza specifica di vari materiali, noti in letteratura, si evince che i materiali compositi come la fibra di carbonio (Carbon Fiber Reincorced Plastics CFRP) si possono collocare a valori di rigidezza specifica confrontabili o persino superiori a quelli di alcuni metalli a bassa densità come l’alluminio o il berillio, queste considerazioni giustificano il grande impiego che stanno riscuotendo questi materiali nel campo della fisica delle alte energie.

Il berillio, che sarebbe il metallo scelto per valori di rigidezza specifica (E/ρ) e di trasparenza alle radiazioni (E·X0), ha dei costi di produzione e lavorazione più elevati e comporta dei problemi di sicurezza maggiori poiché va considerato come materiale tossico per concentrazioni superiori ai 30 mg/m3 e potenzialmente cancerogeno. Le fibre di carbonio, nonostante il processo di laminazione richieda lo sviluppo di particolari stampi, rimangono competitive dal punto di vista dei costi di produzione e comportano minori problemi di sicurezza.

Un ulteriore caratteristica a favore dell'impiego dei CFRP è la possibilità di ottenere bassissimi coefficienti di espansione termica (CTE) e questo è un chiaro vantaggio per la realizzazione di strutture ad alta stabilità meccanica.

In conclusione, alla luce di queste considerazioni l’uso della CFRP è attualmente molto diffuso, ed esempi sono il Tracker Inner Barrel dell’esperimento CMS al CERN di Ginevra, che ha effettuato nel 2012 la scoperta del Bosone di Higgs, la camera di contenimento della sorgente AISHa installata presso i Laboratori Nazionali del Sud, e tanti altri.

Nella foto: Prima metà del tracciatore interno di CMS (Maximilien Brice - CERN)

* Ingegnere e docente universitario presso Università di Catania/Tecnologo presso INFN - LNS

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