MONDO ACCADEMICO

Il Covid-19 apre nuovi orizzonti all'adaptive manufacturing

La sfida di una nuova supply chain e il caso Photocentric

Portale Compositi e Composites Portal, in collaborazione con il DICAR delll'Università di Catania, inaugurano una nuova rubrica dedicata agli interventi del mondo accademico sui temi più attuali del settore dei compositi. Di seguito il primo editoriale. 

di GIANLUCA CICALA* e CLAUDIO TOSTO**

In tempi di Covid-19 diverse sono state le abilità che imprenditori, ingegneri, tecnici e makers di tutto il mondo hanno mostrato di saper applicare in una realtà mai vissuta prima. Una gran moltitudine di società Additive Manufacturing (AM) si è mostrata disposta a dare il proprio contributo al design e alla manifattura di dispositivi di protezione individuale.

La pandemia ha forzato l’evoluzione della stampa additiva verso un nuovo sviluppo che, se perseguito con costanza, consentirà di entrare in una nuova dimensione in cui sarà rivoluzionato il concetto di supply chain. Ad esempio, alcune aziende leader nel settore della stampa 3D hanno firmato un accordo con AbioGeniX per produrre su larga scala tamponi nasofaringei.

La ditta Stratasys, per garantire una produzione rapida di attrezzature vitali
per gli operatori ospedalieri, ha installato 60 stampanti FDM presso l’Ospedale universitario di Parigi (APHP). Quest’ultimo esempio dimostra come la stampa additiva può rivoluzionare il settore manufatturiero delocalizzando dalle ditte OEM e dai magazzini all’utilizzatore finale la produzione di parti di ricambio critiche con un lead time quasi annullato.

Un esempio ancor più forte degli sviluppi legati alla pandemia è stato presentato in UK dove il Governo sta chiamando le realtà aziendali produttive a convertire la loro produzione a favore di parti/componenti che servano agli ospedali (ad esempio ventilatori, valvole, supporti per visiere protettive ecc.).

Come riporta il TCT magazine (Vol. 28, issue 2) “si ritiene che un certo numero di aziende di stampa 3D sia tra le 1.400 aziende che hanno già promesso il loro supporto”. È il caso di Photocentric Ltd, società fondata nel 2002, specializzata nella produzione di resine fotopolimeriche. Nel 2014 subentrano nel market AM, sviluppando il primo utilizzo in assoluto di schermi a cristalli liquidi (LCD) nella stampa 3D, che li ha portati a vincere il " Best Development in 3D Printing" a IDTechex 2016 e il premio “Enabling Innovation” alla fiera Advanced Engineering 2016.

L’azienda inglese produce un vasto range di stampanti 3D, tutte con schermi LCD come fonte di luce. Inoltre, essi sono gli stessi produttori della resina daylight utilizzata nelle loro macchine e di una vasta gamma di resine 3D per qualsiasi stampante UV da 355 nm a 405 nm di lunghezza d'onda.

Oggi, il team di Photocentric, mosso dall’immenso bisogno di materiale a supporto della lotta anti Covid-19, ha adattato il parco macchine di Peterborough (il “Magna Print Farm”, come lo chiamano) per realizzare un’impresa che non passerà di certo inosservata nel mondo AM: la fabbricazione in serie di oltre 7 milioni di visiere, in funzione 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Non è un caso, infatti, che sul profilo LinkedIn dell’azienda da qualche giorno si possa leggere: “We are on the path to creating the largest quantity of a single item by 3D-printing ever made”.

L’ambizioso caso di Photocentric ci riconduce alla necessità di rendere l’intera supply chain AM flessibile nella produzione (la dispersione di “mini-factories” su tutto il territorio), flessibile nel trasporto, diversificata e volta alla mass production.

Si pensi alla necessità di produrre un alto volume di componenti complessi per loro natura, composti da più parti (valvole venturi, maschere protettive per un migliore face fitting per gli operatori sanitari, ecc.), per cui il classico machining risulterebbe proibitivo a causa sia dei tempi/costi di attrezzaggio, sia della complessità geometrica (accoppiamenti di più parti, filettature, parti cave a geometria variabile).

Inoltre, tali componenti devono poter essere progettate secondo il design “custom-specified” o “custom-specific”, ossia devono poter essere modificabili a seconda delle esigenze dell’utente (si pensi alla scansione 3D dei volti o alle specifiche dettate dall’utilizzatore di una determinata apparecchiatura medica).

Infine, la manifattura deve poter garantire la qualità del prodotto realizzato, non solo in riferimento al materiale utilizzato (ad esempio impiegando una resina di grado medicale opportuno), ma dell’intero processo (in termini di prevedibilità, precisione ed affidabilità).

Insomma, il COVID-19 ha lanciato una sfida a tutto il mondo AM: complessità, customizzazione e alti volumi produttivi costituiscono un nuovo ed interessante business-model, il così chiamato “adaptive manufacturing”.

*   Professor of Materials Science and Technology (University of Catania)
**  PhD Student Polymers and Composites Lab (University of Catania)

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