SPECIALE AIMAT 2023

«I compositi un valido aiuto all'edilizia che verrà»

Intervista a Luigi Coppola, professore di Materiali per l'Edilizia e di Materiali per il Restauro all’Università di Bergamo

Seconda intervista dello speciale dedicato al convegno nazionale AIMAT - l'Associazione Italiana di Ingegneria dei Materiali - a Catania, nelle sale delll'Hotel Plaza, dal 28 maggio al 1^ giugno. È la volta di Luigi Coppola, professore di Materiali per l'Edilizia e di Materiali per il Restauro all’Università di Bergamo. 

di NICOLA CATENARO

Professor Coppola, il convegno dell’AIMAT è l’occasione per fare il punto sui materiali e sulle tecnologie di produzione del futuro. Lei, nel suo settore di competenza, cosa vede?
«Parlando del mio settore di competenza, che è quello dei materiali a base cementizia, oggi c’è una grande attenzione per ridurre la loro impronta carbonica. Si tratta di una filiera che viene definita “Hard To Abate” (HTA) dove è difficile, allo stato attuale delle conoscenze, abbattere e ridurre a zero le emissioni di CO2. Ciò nonostante, ci sono delle strategie sia di breve e medio termine e delle altre di lungo termine che debbono essere attuate per portare a zero l’impronta carbonica dei materiali di costruzione. Sulle strategie di breve termine, c’è la necessità di utilizzare dei cementi poveri di clinker, che è quel materiale che viene ottenuto per cottura nel forno e che richiede un grande dispendio energetico oltre ad essere caratterizzato da una emissione importante di CO2. Basti pensare che per una tonnellata di clinker prodotta, emettiamo nell’atmosfera una tonnellata di CO2. Quindi ridurre nei cementi la quantità di clinker è una strategia di breve termine che può essere attuata».

In Italia, che situazione troviamo?
«Per la verità, in Italia siamo avanti rispetto ad altri Paesi inclusi gli Stati Uniti, in quanto noi vantiamo una grande tradizione che discende dai Romani i quali utilizzavano le pozzolane (malte ottenute impastando cenere vulcaniche e calce aerea, ndr) e dunque utilizziamo nella produzione scarti (o meglio materie prime seconde) di altre lavorazioni industriali come, ad esempio, quelli derivanti dalla produzione della ghisa (loppa d’altoforno). Dunque, è da tempo che nel nostro Paese utilizziamo cementi con loppe d’altoforno o anche ceneri volanti, che sono prodotti di scarto delle centrali termoelettriche a carbone e che hanno il vantaggio di poter essere reimpiegate senza effettuare alcun trattamento, ad impatto quasi nullo in termini di CO2».

E a livello normativo?
«È uscita da poco una nuova norma che consente di portare l’impiego di queste materie prime seconde (unitamente ai filler calcarei) al 50%-60%, quindi tagliare il clinker con questi materiali porta ad un contributo importante in termini di riduzione dell’anidride carbonica. Ovviamente c’è anche da sensibilizzare i progettisti – architetti, ingegneri e geometri – a richiedere calcestruzzi confezionati con questi cementi a basso impatto ambientale pur nel rispetto delle prestazioni, perché stiamo parlando del calcestruzzo come un materiale strutturale che deve garantire i livelli di sicurezza prefissati per una determinata opera. Quindi la sfida è quella di garantire la prestazione e la durabilità delle costruzioni, evitando che si degradino in breve tempo, ma tutto questo deve essere fatto nell’ottica della riduzione dell’impronta carbonica e dunque della CO2 per metro cubo di impasto».

Quali sono le prospettive di questo processo?
«Al mondo ogni anno produciamo circa 4 miliardi e 200 mila tonnellate di cemento circa e, se mettiamo insieme tutte le possibili materie prime seconde, reimpiegando ad esempio le loppe d’altoforno e tutta la cenere volante disponibile, le risorse non sono sufficienti per sostituire tutto il cemento che utilizziamo. Se anche aggiungiamo altri leganti a minore impronta carbonica come i cementi solfoalluminosi, non riusciremmo a sostenere la crescita di una popolazione attesa di 9 miliardi e 700 milioni entro il 2050. Abbiamo comunque bisogno di produrre il clinker di cemento Portland attraverso la cottura nel forno. Questo significa che, pur se oggi avessimo un combustibile totalmente green, non riusciremmo comunque a ridurre o portare a zero le emissioni di CO2 derivanti dalla combustione, in quanto le emissioni sono comunque attribuibili alle trasformazioni chimiche delle materie prime (calcare) durante la cottura. La strada è dunque quella di catturare l’anidride carbonica in impianto per poi riutilizzarla nel processo come materia prima. Uno dei processi di cattura possibili è quello definito calcium looping e c’è già un impianto pilota in Italia che lo attua cercando di renderlo anche economicamente sostenibile».

Che futuro ci attende nell’edilizia?
«Il futuro è quello di cementi prodotti in forno ma con CO2 catturata e reimmessa nel processo. Noi stiamo anche studiando all’Università di Bergamo la possibilità di riutilizzare l’anidride carbonica, che è stata catturata e resa disponibile in forma liquida tramite la pressurizzazione in serbatoi, direttamente nella produzione del calcestruzzo. C’è anche la possibilità, tra le altre cose, di studiare additivi che consentano di ridurre il dosaggio di cemento, naturalmente a patto che ci sia parità di prestazioni, questo non bisogna mai dimenticarlo. L’altra strada è quella di sostituire una parte degli aggregati naturali, come sabbia e ghiaia, con materiali di scarto provenienti ad esempio da attività di demolizione di manufatti o persino, come qualcuno ipotizza, di auto rottamate.

E a proposito dei materiali compositi?
In un’ottica di sostenibilità, la durabilità delle strutture è una condizione sine qua non per parlare di opere sostenibili. Pertanto, la sostituzione dei tradizionali ferri con barre in vetroresina – immuni dall’attacco aggressivo di anidride carbonica e cloruri – potrebbe essere una valida soluzione “sostenibile” nella realizzazione di opere particolarmente esposte all’aggressione (opere esposte all’azione del gelo e dei sali, strutture in ambiente marino, etc.). In quest’ ottica L’America Concrete Institute – il cui chapter italiano è da me presieduto - ha fondato NEx, ACI’s Excellence Center for Nonmetallic Building Materials e promuove, finanziandoli, progetti di ricerca che si muovono nella direzione di impiegare materiali compositi nella realizzazione di opere in calcestruzzo armato. Inoltre, a fine vita i compositi – in particolare la vetroresina – possono essere riciclati ad esempio proprio nella produzione del clinker di cemento, sostituendo parte delle materie prime naturali da inviare a cottura e sfruttando sia il potere calorifico della frazione organica sia la componente silicea derivante dal vetro. Le soluzioni possono essere tante, bisogna solo evitare che si faccia del greenwashing, cioè che tutti parlino di sostenibilità e di ambiente ma che poi non ci si impegni realmente a favore di questi temi».

CHI È
Luigi Coppola, è Professore di "Materiali per l'Edilizia" e di "Materiali per il Restauro" dell’Università di Bergamo – Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate (DISA).
Autore di oltre 320 pubblicazioni su riviste e atti di congressi nazionali ed internazionali, di 21 libri e di alcuni brevetti nel settore dei materiali da costruzione.

Chairman e invited speaker in numerosi convegni internazionali, nel mese di Giugno 2000 Luigi Coppola è stato insignito dall’American Concrete Institute (ACI) e dal Canadian Institute of Materials, Energy and Transportation (CANMET), le massime istituzioni mondiali nel settore dei materiali cementizi, di un award per il “rilevante contributo della durabilità del calcestruzzo (“Outstanding and sustained contributions to enhance the Durability of Concrete”). Luigi Coppola è stato il più giovane ricercatore a livello mondiale, e primo italiano a ricevere il prestigioso riconoscimento per l’attività svolta nel settore della durabilità delcalcestruzzo.

Luigi Coppola è Presidente dell’American Concrete Institute Italy Chapter.

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